mercoledì 7 gennaio 2009

Il fronte dei favorevoli

Diversi sono anche gli scienziati italiani favorevoli alla ricerca sulle cellule staminali embrionali.
Anche in questo caso gli scienziati coinvolti nel dibattito etico-politico portano a sostegno delle proprie convinzioni sia argomenti circa l’utilità della ricerca in questione, che argomenti di natura non esclusivamente scientifica. Questi ricercatori hanno solitamente una diversa teoria circa il tema dell’ “inizio della vita umana”; parte delle loro argomentazioni prettamente “politiche” contestano l’uso retorico-propagandistico che il fronte avversario (sostenuto dalla Chiesa cattolica e dalle associazioni ad essa vicine) fa dei risultati ottenuti dalle ricerche sulle staminali somatiche (cioè quelle adulte e fetali), a loro dire spesso ridimensionabili. Gli scienziati “pro staminali embrionali” non ritengono inefficace la ricerca sulle staminali somatiche, sono anzi favorevoli a far proseguire la ricerca in ambedue la direzioni.

Mario Capecchi, premio Nobel per la Medicina del 2007, italiano di nascita e statunitense d’adozione, compie da anni esperimenti sulle cellule staminali embrionali di topo e non trova corrette le restrizioni alla ricerca sulle embrionali umane; per chiarire la sua posizione riportiamo uno stralcio di intervista rilascita ad Armando Massarenti per il suo libro “Staminalia, le cellule “etiche” e i nemici della ricerca” (Guanda 2008, pp. 125-127).
“Credo molto fortemente che sia necessario adottare tutte le possibili opportunità. Le cellule staminali embrionali umane hanno un potenziale enorme. Non abbiamo ancora raggiunto i risultati che vogliamo, ma il potenziale è assolutamente evidente. Non provare in questa direzione, non sondare tutte le possibilità, sarebbe da irresponsabili. Il problema etico va impostato correttamente, tenendo conto del seguente fatto. La società sarà sempre più composta da ottuagenari, questo farà sorgere un problema enorme. A quell’età le probabilità di contrarre malattie neurodegenerative come l’Alzheimer diventano enormi. Noi non possiamo ignorarlo. Dobbiamo provare ogni via almeno per contenere il fenomeno, per eliminare inutili sofferenze. Ed è questo che stiamo cercando di fare”. Continuando il Premio Nobel definisce “del tutto illogiche” le restrizioni a questo tipo di ricerca, in Italia come negli USA.
Come per Angelo Vescovi, anche per Capecchi le cellule staminali embrionali di per sé non pongono questioni etiche in quanto non sono embrioni; asserisce infatti il Nobel: “Lavoro solo su cellule staminali embrionali, ma a uno stadio che non le porterà mai a diventare embrioni, e tantomeno degli individui. Ho sviluppato tecniche che funzionano assai bene sui topi a partire dalle due sole cellule staminali che si trovano negli embrioni al loro primissimo stadio. Con l’uomo sembra più difficile, ma bisogna cercare di trovare il modo.”
Anche Capecchi, come il condirettore del San Raffaele, esprime inoltre dubbi sul sistema italiano di distribuzione dei fondi per la ricerca e non nasconde neanche la propria perplessità sul finanziamento alla ricerca sule staminali somatiche piuttosto che a quella sulle embrionali. Secondo il Premio Nobel non ha senso privilegiare un tipo di ricerca rispetto ad un altro perché “In alcuni casi sembrano più promettenti le adulte (per esempio per la ricerca sui tumori del sangue) e in altri si sono avuti successi con le embrionali (per la produzione di tessuti di organi). La ricerca deve proseguire in tutte le direzioni.”
In italia, ricercatori disposti a spingere la ricerca in tutte le direzioni certamente non mancano; ad esempio i ricercatori del Gruppo IES (Gianluigi Condorelli, Marisa Jaconi, Elisabetta Cerbai, Fulvio Gandolfi, Giovanbna Lazzari, Federica Sangiuolo) che fanno ricerca sulle cellule stminali sia somatiche che adulte, ma che svolgono studi anche in altri campi, come per esempio quello farmacologico.

Tra gli autorevoli ricercatori del Gruppo IES c’è anche Elena Cattaneo, direttore del Laboratorio di ricerca sulle cellule staminali dell’Università degli studi di Milano e autrice di importanti scoperte sulla corea di Huntington, un malattia del cervello.
Secondo Cattaneo l’attuale legislazione italiana in materia di staminali embrionali (la legge 40 del 2004) presenta della contraddizioni notevoli.
“La legge 40 vieta di derivare staminali embrionali dalle blastocisti, anche da quelle destinate al congelamento distruttivo (che è già una contraddizione: il "non fare" non è comportamento neutrale). Non vieta, però, di lavorare, fra difficoltà inutilmente create, con cellule ottenute da altri colleghi nel mondo con il sostegno etico e finanziario del loro governo o dei loro cittadini. Queste cellule sono presenti, quindi, nei nostri laboratori, importate nell'ambito di collaborazioni di ricerca e utilizzate per capire e, forse un domani, per curare.
Chi si oppone alla ricerca dovrebbe, per coerenza, rispondere con chiarezza a due seguenti quesiti:
- Tutti dovremmo rinunciare a qualsiasi eventuale futuro trattamento di cura "impuro", che abbia legami anche in minima parte con studi su queste cellule?
- Tutti i ricercatori dovrebbero essere soggiogati da un codice di comportamento che impedisca loro di consultare riviste scientifiche, frequentare congressi o partecipare a network di ricerca internazionali, attraverso i quali rischiano di sviluppare idee sulla base dei risultati delle ricerche (altrui) sulle embrionali?” (Dall’articolo di Elena Cattaneo “Perché lavoro con le embrionali” de “Il Sole 24 ore” dell’11 novembre 2008)
Inoltre la ricercatrice contesta le argomentazioni di chi, contrario alla ricerca sulle staminali embrionali per motivi di carattere etico, insiste sull’improduttività di ricerche di quest’ultime e sui risultati soddisfacenti ottenuti dalle somatiche. Secondo Cattaneo paragonare le cellule embrionali con quelle somatiche “è come confrontare pere con furgoni” (vedi “Il Sole 24 ore”, 11 novembre 2008). Allo stesso modo, le sembra non corretto fare affermazioni circa l’inutilità delle ricerche in questione, specie alla luce delle ricerche che si stanno svolgendo nel mondo e che stanno portando, a suo dire, risultati notevoli a livello sperimentale, “Non significa garanzia di cura nell'uomo, ma un primo passo” (vedi “Il Sole 24 ore”, 11 novembre 2008).
Anche Cattaneo, non considera eticamente problematico lavorare sulle embrionali, “che embrione non sono” (vedi “Il Sole 24 ore”, 11 novembre 2008).
Una posizione simile riguardo la natura delle staminali embrionali è stata anche espressa da Edoardo Boncinelli, gentista di fama internazionale ed ex direttore della SISS di Trieste, nel suo libro “L’etica della vita” (Rizzoli 2008) in cui afferma che “se le cellule presenti nella blastocisti fossero già un embrione o fossero irreversibilmente avvaite ad esserlo, non servirebbero nemmeno come cellule staminali. Sono invece utili proprio perché non sono un embrione. Questa è una riflessione spesso ignorata”.


Concludiamo la nostra rassegna di scienziati favorevoli alla ricerca sulle staminali embrionali con la posizione di Giuseppe Remuzzi, direttore dei Laboratori Negri e del Dipartimento dei Trapianti degli Ospedali Riuniti di Bergamo, è membro dell'Editorial Board per "New England Journal of Medicine" e "Lancet". Professore onorario all'Università di Maastricht e allo Scripps Research Institute di La Jolla (San Diego).
Secondo Remuzzi i risultati prodotti dalle ricerche sulle cellule staminali adulte sono forse eccessivamente enfatizzati, poiché “gli studi sono prevalentemente negli animali dove d’altra parte, almeno per quanto riguarda la terapia cellulare nelle malattia del sistema nervoso, i dati più incoraggianti non sono con le cellule staminali adulte ma con cellule embrionali che al contrario delle adulte danno davvero origine a tutti i tipi di tessuto. Una critica è che formerebbero tumori dopo trapianto, i cosiddetti teratomi. Tuttavia la formazione di teratomi non esprime tumorigenicità, bensì semplicemente la pluripotenza in base alla quale, dopo trapianto, per esempio nel tessuto nervoso, se non pretrattate, queste cellule generano tessuto ectopico come cartilagine, cardiomiociti, ossa. Questo problema per il momento non è ancora risolto ma ci sono molti studi in corso. Per quanto riguarda le staminali adulte, salvo che per le cellule staminali ematopoietiche del midollo, del sangue e del sangue ombelicale che curano davvero le leucemie e i linfomi, non ci sono sostanziali evidenze che curino malattie nell’uomo” (vedi A.Massarenti, “Staminalia, le cellule “etiche” e i nemici della ricerca”, Guanda 2008, pp.31-32).

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