mercoledì 7 gennaio 2009

Gli scienziati coinvolti nel dibattito etico-politico

Gli scienziati italiani citati nelle seguenti pagine sono solo alcuni dei nomi che hanno preso parte al vastissimo dibattito in materia di ricerca sullle staminali embrionali; riportando le loro argomentazioni non vogliamo certamente fornire una panoramica completa della controversia. Il nostro è unicamente un invito all’approfondimento.

Il fronte dei contrari

Il vastissimo e complesso dibattito tra scienziati, policy makers, associazioni dei malati e autorità religiose ha configurato la ricerca sulle cellule staminali embrionali come quello che il sociologo francese Bruno Latour definirebbe un “ibrido”, cioè un argomento di certo inerente a questioni di carattere scientifico, ma che allo stesso modo coinvolge altri campi del sapere, quali politica, economia, etica, religione e così via.
Individuare fino a che punto le argomentazioni addotte da alcuni scienziati italiani circa l’inutilità della ricerca sulle cellule staminali embrionali, siano totalmente scevre da motivazioni di carattere etico e religoso, appare tutt’altro che semplice. Certamente dichiarazioni di questo tipo sono sostenute, come è facilmente intuibile, dalla Chiesa cattolica e dagli attori ad essa correlati (media, partiti politici, associazioni di cittadini), da sempre in Italia parti integranti del dibattito non solo etico-politico, ma anche scientifico.
Paul K. Feyerabend ha più volte sostenuto che la visione scientifica del mondo sia riuscita ad imporsi in modo così efficace grazie alla sua straordinaria capacità di produrre “risultati” (cfr. “Ambiguità e armonia”, cap.2), cioè di trovare soluzioni soddisfacenti a determinati problemi.
La possibilità che la ricerca sulle staminali embrionali dia o meno risultati scientifici, è sicuramente uno dei punti cardine della controversia.
Un risultato dal comprovato valore scientifico coinciderebbe, nel caso da noi considerato, con la possibilità di avviare una serie di terapie volte alla guarigione di determinate malattie. In caso contrario la ricerca sulle staminali embrionali altro non sarebbe che una perdita di tempo (e di denaro).
Attraverso l’analisi delle diverse fonti utilizzate per la mappatura (interviste rilasciate dagli scienziati ai quotidiani, comunicati di alcuni scienziati impegnati in associazioni di vario genere, ecc.) è stato possibile notare come il dibattito circa l’opportunità della ricerca sulle cellule staminali embrionali in Italia, sembri essere inscindibile dalla controversia circa l’efficacia e le potenzialità, delle cellule staminali adulte e delle cosiddette “cellule staminali riprogrammate” (chiamate iPS, induced Pluripotent Stem cells sviluppate dalle ricerca dirette da Yamanka), cioè delle cellule staminali adulte trasformate in cellule dalle potenzialità simili a quelle delle cellule embrionali.
Ma quanto detto sin ora non è certo sufficiente ad inquadrare la questione e una precisazione è senza dubbio d’obbligo: la controversia sorta intorno alla ricerca sulle cellule staminali embrionali è strettamente correlata ad un’altra controversia fondamentale della bioetica – a tutt’oggi lungi dall’essere risolta: l’individuazione del momento in cui si possa parlare di “nascita della vita”. Ovvero, si può parlare di “vita umana”, e dunque dei suoi diritti imprescindibili, sin dal momento della fecondazione, o al contrario solo in stadi successivi dello sviluppo dell’embrione?
Un simile tema costituisce sicuramente lo sfondo dinnanzi a cui si fronteggiano le diverse posizioni degli scienziati italiani (anche se una simile contrapposizione è riscontrabile nella maggior parte dei paesi occidentali) coinvolti nel dibattito etico-politico.
In particolare nel caso che stiamo analizzando il motivo del contendere può essere così semplificato: l’estrazione, a fini di ricerca ed eventualmente di terapia, delle cellule staminali embrionali comporta la distruzione della blastocisti, l’ammasso di cellule in cui si configura lo zigote dopo quattro giorni dalla fecondazione. La blastocisti, per diversi scienziati, è una persona vera e propria, dal momento che la vita, o se vogliamo la determinazione di un individuo vivente così come lo intendiamo, inizierebbe con il concepimento, cioè con la fecondazione di un ovulo da parte di uno spermatozoo. Eliminare una blastocisti significa non dare ad un individuo, così come lo intende il senso comune, la possibilità di vivere.
Abbiamo avuto modo di constatare come persino le divergenze presenti nell’area cattolica – teniamo a precisarlo tutt’altro che monolitica – in materia di ricerca sulle staminali embrionali ricalchino, più o meno apertamente, le contrapposizioni inerenti a questo tema.
Ovviamente non si può sostenere semplicemente – e noi non abbiamo certo intenzione di farlo – che gli scienziati italiani formulino dei giudizi sull’inutilità scientifica della ricerca sulle embrionali, unicamente perché sostenitori o avversari dei principi della Chiesa cattolica. Tuttavia è interessante notare come, molto spesso, le argomentazioni circa gli scarsi risultati – se non addirittura circa i rischi – derivanti da questo tipo di sperimentazione siano sostenute da studiosi vicini ad associazioni e movimenti apertamente schierati con le posizioni del Vaticano; spesso e volentieri questi studiosi sostengono gli argomenti circa una maggiore efficacia, e la totale assenza di rischi, delle cellule staminali adulte e adulte riprogrammate.
D’altro canto non mancano scienziati apertamente schierati con la CEI che, pur adducendo a sostegno della loro opposizione a questo tipo di ricerca motivazioni dal carattere squisitamente etico e costruendo su esse il nucleo forte delle proprie argomentazioni, sostengono ugualmente la tesi della scarsità dei risultati prodotti dalle staminali embrionali e il tema della loro pericolosità.
A questi argomenti – che di per sé rendono già la situazione complessa – si aggiunge un’altra questione, se vogliamo molto vicina alla succitata capacità della scienza di produrre risultati, ovvero quella della “libertà di ricerca”. Possiamo porre la questione in questo modo: fino a che punto la scienza per cercare di produrre risultati, dal suo punto di vista (Feyerabend docet) certamente utili e fondamentali per il benessere delle persone, ha il diritto di decidere e di imporre quel suo punto di vista – materialista – in questioni riguardanti anche altri campi del sapere, quali religione, etica, politica, ecc.?

La posizione di Oreste Arrigoni, biologo dell’Università di Bari e accademico dei Lincei sembra essere una summa di tutte queste argomentazioni.
Nel suo articolo “E io scommetto sulle cellule “ringiovanite””, apparso sull’ “Avvenire” (10 Marzo 2005), Arrigoni sostiene innanzitutto che diversi studi abbiano mostrato come le cellule staminali embrionali in coltura rivelino “una spiccata tendenza a formare tumori”. Di conseguenza, allo stato attuale, le cellule embrionali pluripotenti non consentirebbero “un’ampia utilizzazione a fini terapeutici”. Prosegue il biologo “Se a queste considerazioni scientifiche si aggiungono tutte le implicazioni etiche, si deve concludere che esistono motivi validi per dire no all’uso per la sperimentazione degli embrioni all’uopo prodotti, e anche di quelli congelati”.
La poposta di Arrigoni è quella di indirizzare la ricerca sulle cellule staminali adulte riprogrammate o “ringiovanite”, cioè ricondotte alla pluripotenza della fase embrionale o, secondo alcuni, “pre-embrionale”; una linea di ricerca “da privilegiare non soltanto per gli affascinanti risultati scientifici che ne deriveranno, ma anche perché consentirà ai ricercatori di disporre di tante cellule pluripotenti senza dover ricorrere alle cellule staminali dell’embrione umano, la cui utilizzazione per fini di ricerca solleva problemi etici di rilevanza fondamentale”.
In tal modo, secondo l’accademico, “libertà di ricerca” deve sottostare al “senso di responsabilità e rispetto della vita umana”, e così “permettere l’uso di embrioni umani per la sperimentazione significa affidare ciecamente ad alcuni uomini il potere di vita e di morte su esseri umani”.
Tutto ciò porta Arrigoni a considerare la ricerca sulle staminali embrionali un “uso arbitrario di vite umane da parte di chi non ne ha rispetto”.


Anche scienziati come Bruno Dallapiccola (professore di Genetica Medica presso l'Università "La Sapienza" di Roma) e Maria Luisa Di Pietro (professore associato di bioetica presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, nonché membro del Comitato nazionale di bioetica), copresidenti dell’associazione cattolica “Scienza e Vita”, sostengono pubblicamente la propria opposizione alla sperimentazione sulle embrionali, adducendo argomentazioni sia di carattere etico che inerenti all’utilià scientifica. I due scineziati infatti sostengono "l'identità umana dell'embrione umano sin dalla fecondazione" e l'inammissibilità "della sperimentazione distruttiva" su di esso; sperimentazione che appare oltretutto "incerta" negli esiti, a fronte dei risultati terapeutici "assai positivi" forniti "dalle ricerche che utilizzano cellule staminali adulte" (queste argomentazioni provengono da una dichiarazione di “Scienza e Vita” a proposito del ritiro – maggio 2006, ad opera dell’allora ministro per la ricerca Fabio Mussi, della “Dichirazione etica”; un documento attraverso cui l’Italia – insieme ad altri paesi europei – ha preso le distanze dallo stanziamento di fondi per la ricerca sugli embrioni stabilito dall’UE in seno al 7° programma quadro per la ricerca, vedi la pagina “cellule staminali” sul sito www.aduc.com).

Tuttavia, come abbiamo precedentemente accennato, le posizioni al’interno dell’area cattolica sono ben lungi dall’essere omogenee, presentando anche posizioni di apertura nei confronti della ricerca sulle embrionali.

Ad esempio, Giorgio Lambertenghi (si veda l’articolo del Corriere della sera del 13 novembre 2008, «Da cattolico dico sì alla ricerca sull' embrione»), presidente dell' Associazione medici cattolici di Milano, ha espresso in più di un’occasione posizioni distanti da quelle della CEI. Convinto “che si possa parlare di persone quando un individuo acquista una capacità comunicativa” assercisce che l’embrione sia “una vita umana solo potenzialmente” e sostiene che «la ricerca sulle cellule staminali embrionali non dev' essere bloccata». Pur esprimendo una posizione contraria alla creazione ad hoc di embrioni per la ricerca sostiene che “lasciare congelati nei frigo gli embrioni orfani vuol dire perdere un' occasione per aiutare i malati”.

Angelo Vescovi, professore di biologia applicata dell’università di Milano-Bicocca, Condirettore dell'Istituto di Ricerca sulle Cellule Staminali, condirettore dell'Istituto San Raffaele di Milano, Direttore della Banca della Cellule Staminali Cerebrali di Terni , studioso di fama mondiale in materia di cellule staminali, si oppone alla ricerca sulle cellule staminali embrionali per motivazioni di carattere etico e per motivazioni inerenti all’efficacia delle ricerche svolte in questo campo.
In più di un occasione il condirettore dell’Istituto San Raffaele si è dichiarato “contrario alla ricerca sugli embrioni”, non esistendo, a suo dire, “protocolli clinici, nemmeno a livello di sperimentazione sull'uomo, che si basano sull'uso di cellule embrionali”.
Nel discorso pronunciato (vedi “Avvenire”, 13 maggio 2005, www.avvenire.it) in occasione della presentazione del suo libro "La cura che viene da dentro" (Mondadori) il 28 Aprile 2005, Vescovi ha precisato che le cellule staminali embrionali “non sono embrioni e non pongono problemi etici". La questione e' piuttosto che "oggi queste cellule si ottengono producendo embrioni e poi distruggendoli".
Anche per Vescovi, dichiarartosi in più di un occasione agnositco e taoista, la questione principale è dunque l’embrione. L’embrione è fin dall’inizio vita e lo è, a suo dire, “su basi perfettamente scientifiche”. Asserisce infatti Vescovi: “La biologia non è scienza esatta, ma la fisica sì, ed esiste una branca della fisica che è la termodinamica. Qualunque fisico esperto di termodinamica può dire che all’atto della fecondazione c’è una transizione repentina e mostruosa, in termini di quantità d’informazione. Una transizione di quantità e qualità di informazione senza paragoni, che rappresenta l’inizio della vita: si passa da uno stato di totale disordine alla costituzione della prima entità biologica”.
Tuttavia Vescovi ha anche ammesso (vedi l’intervista rilasciata ad Arnaldo Consoli in occasione del primo incontro di “Scienza e vita” Terni, il 3 giugno 2005, sul sito della diocesi di Terni www.diocesi.terni.it) la possibilità che l’embrione non venga automaticamente distrutto a seguito del prelievo delle cellule staminali, “perché in quella fase della vita le cellule sono tutte uguali, quindi, teoricamente, prelevandone qualcuna dovrebbero riformarsi. Ma non possiamo saperlo. Ad ogni modo si tratta di un procedimento invasivo, quindi sicuramente non fa bene”. Non è detto che l’embrione venga distrutto, ma meglio non rischiare! Questo per quanto riguarda un aspetto prettamente etico.
Per quanto concerne invece la possibilità che la ricerca sulle embrionali possa portare a delle terapie efficaci, Vescovi non ha una posizione di netta chiusura, ha infatti ammesso la possibilità che gli studi sulle cellule staminali embrionali possano “continuare sperimentando sulle scimmie”, dato che “a livello embrionale, le cellule staminali delle scimmie sono esattamente come le nostre”; inoltre sempre nella stessa sede, ad una domanda circa una possibilità futura di risultati prodotti dalle staminali embrionali Vescovi ha così risposto: “In questo caso è evidente che il dibattito andrebbe riaperto. Ma oggi è un discorso che non ha senso, proprio perché la ricerca continua. Può continuare anche sugli embrioni soprannumerari. Anche perché un embrione congelato, di fatto, è morto, anche se le sue cellule staminali possono essere ancora vive. L’importante, però, è che non se ne producano altri”.
Ciò nonostante il condirettore del San Raffaele non ha mancato di ribadire quanto, a suo parere, la ricerca sulle staminali embrionali sia sopravvaluta: “A oggi non esistono terapie, nemmeno sperimentali, che implichino l’impiego di staminali embrionali, né si può attualmente prevedere se e quando questo diventerà possibile, data la scarsa conoscenza dei meccanismi che regolano l’attività di queste cellule, e la loro intrinseca tendenza a produrre tumori” (vedi intervista rilasciata ad Arnaldo Consoli in occasione del primo incontro di “Scienza e vita” Terni, il 3 giugno 2005, sul sito della diocesi di Terni www.diocesi.terni.it).
Per Vescovi e' inoltre "un errore di fondo voler contrapporre cellule staminali adulte e embrionali". La sfida consiste piuttosto nel "trovare il modo per produrre cellule staminali embrionali da utilizzare per la terapia senza andare incontro a problemi etici. Le scorciatoie non sono accettabili per motivi etici"(vedi “Avvenire”, 13 maggio 2005 , www.avvenire.it).
Vescovi inoltre, pone l’attenzione su un tema sicuramente interessante ai fini della mappatura della controversia: lo stanziamento dei fondi per la ricerca.
Il fatto che gli scienziati debbano competere tra loro per poter reperire i finanziamenti uitli a proseguire le proprie ricerche ci ricorda, nel caso ce ne sia bisogno, quanto sia fondamentale il fattore economico nella ricerca scientifica. Secondo il condirettore del San Raffaele “In Italia la ricerca è bloccata dalla mancanza di fondi, che il governo (n.d.r Berlsuconi “bis”) ha tagliato ulteriormente, in Italia praticamente nessuno può permettersi di fare il lavoro di ricercatore. E poi da un nepotismo imperante che si è radicato all’interno delle strutture di ricerca italiane. Siccome in Italia la ricerca la fai a livello prevalentemente pubblico (perché il settore privato ancora non si è ricostituito dal crollo della chimica, della farmaceutica, dalla siderurgia), questo è un problema”.

Il fronte dei favorevoli

Diversi sono anche gli scienziati italiani favorevoli alla ricerca sulle cellule staminali embrionali.
Anche in questo caso gli scienziati coinvolti nel dibattito etico-politico portano a sostegno delle proprie convinzioni sia argomenti circa l’utilità della ricerca in questione, che argomenti di natura non esclusivamente scientifica. Questi ricercatori hanno solitamente una diversa teoria circa il tema dell’ “inizio della vita umana”; parte delle loro argomentazioni prettamente “politiche” contestano l’uso retorico-propagandistico che il fronte avversario (sostenuto dalla Chiesa cattolica e dalle associazioni ad essa vicine) fa dei risultati ottenuti dalle ricerche sulle staminali somatiche (cioè quelle adulte e fetali), a loro dire spesso ridimensionabili. Gli scienziati “pro staminali embrionali” non ritengono inefficace la ricerca sulle staminali somatiche, sono anzi favorevoli a far proseguire la ricerca in ambedue la direzioni.

Mario Capecchi, premio Nobel per la Medicina del 2007, italiano di nascita e statunitense d’adozione, compie da anni esperimenti sulle cellule staminali embrionali di topo e non trova corrette le restrizioni alla ricerca sulle embrionali umane; per chiarire la sua posizione riportiamo uno stralcio di intervista rilascita ad Armando Massarenti per il suo libro “Staminalia, le cellule “etiche” e i nemici della ricerca” (Guanda 2008, pp. 125-127).
“Credo molto fortemente che sia necessario adottare tutte le possibili opportunità. Le cellule staminali embrionali umane hanno un potenziale enorme. Non abbiamo ancora raggiunto i risultati che vogliamo, ma il potenziale è assolutamente evidente. Non provare in questa direzione, non sondare tutte le possibilità, sarebbe da irresponsabili. Il problema etico va impostato correttamente, tenendo conto del seguente fatto. La società sarà sempre più composta da ottuagenari, questo farà sorgere un problema enorme. A quell’età le probabilità di contrarre malattie neurodegenerative come l’Alzheimer diventano enormi. Noi non possiamo ignorarlo. Dobbiamo provare ogni via almeno per contenere il fenomeno, per eliminare inutili sofferenze. Ed è questo che stiamo cercando di fare”. Continuando il Premio Nobel definisce “del tutto illogiche” le restrizioni a questo tipo di ricerca, in Italia come negli USA.
Come per Angelo Vescovi, anche per Capecchi le cellule staminali embrionali di per sé non pongono questioni etiche in quanto non sono embrioni; asserisce infatti il Nobel: “Lavoro solo su cellule staminali embrionali, ma a uno stadio che non le porterà mai a diventare embrioni, e tantomeno degli individui. Ho sviluppato tecniche che funzionano assai bene sui topi a partire dalle due sole cellule staminali che si trovano negli embrioni al loro primissimo stadio. Con l’uomo sembra più difficile, ma bisogna cercare di trovare il modo.”
Anche Capecchi, come il condirettore del San Raffaele, esprime inoltre dubbi sul sistema italiano di distribuzione dei fondi per la ricerca e non nasconde neanche la propria perplessità sul finanziamento alla ricerca sule staminali somatiche piuttosto che a quella sulle embrionali. Secondo il Premio Nobel non ha senso privilegiare un tipo di ricerca rispetto ad un altro perché “In alcuni casi sembrano più promettenti le adulte (per esempio per la ricerca sui tumori del sangue) e in altri si sono avuti successi con le embrionali (per la produzione di tessuti di organi). La ricerca deve proseguire in tutte le direzioni.”
In italia, ricercatori disposti a spingere la ricerca in tutte le direzioni certamente non mancano; ad esempio i ricercatori del Gruppo IES (Gianluigi Condorelli, Marisa Jaconi, Elisabetta Cerbai, Fulvio Gandolfi, Giovanbna Lazzari, Federica Sangiuolo) che fanno ricerca sulle cellule stminali sia somatiche che adulte, ma che svolgono studi anche in altri campi, come per esempio quello farmacologico.

Tra gli autorevoli ricercatori del Gruppo IES c’è anche Elena Cattaneo, direttore del Laboratorio di ricerca sulle cellule staminali dell’Università degli studi di Milano e autrice di importanti scoperte sulla corea di Huntington, un malattia del cervello.
Secondo Cattaneo l’attuale legislazione italiana in materia di staminali embrionali (la legge 40 del 2004) presenta della contraddizioni notevoli.
“La legge 40 vieta di derivare staminali embrionali dalle blastocisti, anche da quelle destinate al congelamento distruttivo (che è già una contraddizione: il "non fare" non è comportamento neutrale). Non vieta, però, di lavorare, fra difficoltà inutilmente create, con cellule ottenute da altri colleghi nel mondo con il sostegno etico e finanziario del loro governo o dei loro cittadini. Queste cellule sono presenti, quindi, nei nostri laboratori, importate nell'ambito di collaborazioni di ricerca e utilizzate per capire e, forse un domani, per curare.
Chi si oppone alla ricerca dovrebbe, per coerenza, rispondere con chiarezza a due seguenti quesiti:
- Tutti dovremmo rinunciare a qualsiasi eventuale futuro trattamento di cura "impuro", che abbia legami anche in minima parte con studi su queste cellule?
- Tutti i ricercatori dovrebbero essere soggiogati da un codice di comportamento che impedisca loro di consultare riviste scientifiche, frequentare congressi o partecipare a network di ricerca internazionali, attraverso i quali rischiano di sviluppare idee sulla base dei risultati delle ricerche (altrui) sulle embrionali?” (Dall’articolo di Elena Cattaneo “Perché lavoro con le embrionali” de “Il Sole 24 ore” dell’11 novembre 2008)
Inoltre la ricercatrice contesta le argomentazioni di chi, contrario alla ricerca sulle staminali embrionali per motivi di carattere etico, insiste sull’improduttività di ricerche di quest’ultime e sui risultati soddisfacenti ottenuti dalle somatiche. Secondo Cattaneo paragonare le cellule embrionali con quelle somatiche “è come confrontare pere con furgoni” (vedi “Il Sole 24 ore”, 11 novembre 2008). Allo stesso modo, le sembra non corretto fare affermazioni circa l’inutilità delle ricerche in questione, specie alla luce delle ricerche che si stanno svolgendo nel mondo e che stanno portando, a suo dire, risultati notevoli a livello sperimentale, “Non significa garanzia di cura nell'uomo, ma un primo passo” (vedi “Il Sole 24 ore”, 11 novembre 2008).
Anche Cattaneo, non considera eticamente problematico lavorare sulle embrionali, “che embrione non sono” (vedi “Il Sole 24 ore”, 11 novembre 2008).
Una posizione simile riguardo la natura delle staminali embrionali è stata anche espressa da Edoardo Boncinelli, gentista di fama internazionale ed ex direttore della SISS di Trieste, nel suo libro “L’etica della vita” (Rizzoli 2008) in cui afferma che “se le cellule presenti nella blastocisti fossero già un embrione o fossero irreversibilmente avvaite ad esserlo, non servirebbero nemmeno come cellule staminali. Sono invece utili proprio perché non sono un embrione. Questa è una riflessione spesso ignorata”.


Concludiamo la nostra rassegna di scienziati favorevoli alla ricerca sulle staminali embrionali con la posizione di Giuseppe Remuzzi, direttore dei Laboratori Negri e del Dipartimento dei Trapianti degli Ospedali Riuniti di Bergamo, è membro dell'Editorial Board per "New England Journal of Medicine" e "Lancet". Professore onorario all'Università di Maastricht e allo Scripps Research Institute di La Jolla (San Diego).
Secondo Remuzzi i risultati prodotti dalle ricerche sulle cellule staminali adulte sono forse eccessivamente enfatizzati, poiché “gli studi sono prevalentemente negli animali dove d’altra parte, almeno per quanto riguarda la terapia cellulare nelle malattia del sistema nervoso, i dati più incoraggianti non sono con le cellule staminali adulte ma con cellule embrionali che al contrario delle adulte danno davvero origine a tutti i tipi di tessuto. Una critica è che formerebbero tumori dopo trapianto, i cosiddetti teratomi. Tuttavia la formazione di teratomi non esprime tumorigenicità, bensì semplicemente la pluripotenza in base alla quale, dopo trapianto, per esempio nel tessuto nervoso, se non pretrattate, queste cellule generano tessuto ectopico come cartilagine, cardiomiociti, ossa. Questo problema per il momento non è ancora risolto ma ci sono molti studi in corso. Per quanto riguarda le staminali adulte, salvo che per le cellule staminali ematopoietiche del midollo, del sangue e del sangue ombelicale che curano davvero le leucemie e i linfomi, non ci sono sostanziali evidenze che curino malattie nell’uomo” (vedi A.Massarenti, “Staminalia, le cellule “etiche” e i nemici della ricerca”, Guanda 2008, pp.31-32).

giovedì 1 gennaio 2009

2000-2008 Come ha affrontato la questione delle cellule staminali la politica italiana?

Il dibattito politico in Italia si apre quando, sul finire del millennio scorso, le notizie sulle scoperte di Thomson fanno il giro del mondo gettando le basi per discussioni bioetiche prima di allora sconosciute, almeno da noi. La prima reazione politica italiana, davanti alle possibilità sperimentali che andavano diffondendosi a macchia d’olio, fu quella dell’allora ministro Rosy Bindi, che si affrettò a presentare un Disegno di Legge che vietasse clonazione e qualsivoglia impiego sperimentale di embrioni. A seguire, il Comitato Nazionale di Bioetica, organo consultivo del governo sulle questioni eticamente sensibili, presentò, nell’aprile del 2000, un parere che sostanzialmente sottolineò l’importanza di una ricerca “etica”, che non portasse all’uccisione di embrioni. La polemica si fece accesa quando, quasi in contemporanea, il ministro Umberto Veronesi istituì una commissione di 25 membri, presieduta dal premio Nobel Renato Dulbecco, volta anch’essa ad esplorare quale fosse la via più corretta, per il governo, di regolamentare la faccenda della ricerca sulle staminali embrionali e, più in generale, sugli embrioni. La Commissione Dulbecco fece subito discutere, in quanto parve a molti come un “colpo di mano” rispetto ad un parere e ad un organo, il C.N.B., già deputato a fornire pareri sulla materia e per giunta già consultato. Ad ogni modo va ricordato come anche la Commissione Dulbecco vide sorgere, al proprio interno, dei contrasti: 7 dei 25 membri si espressero contro la sperimentazione sugli embrioni mentre i rimanenti 18, tra i quali il presidente Dulbecco e Rita Levi-Montalcini, diedero parere opposto.
Il Parlamento continuò i propri lavori approvando, in data 18 giugno 2002, un testo presentato per la prima volta in aula il 27/03/2002 che, tra l’altro, sospese la cosiddetta “adozione per la nascita” degli embrioni crionconservati. Già in quella occasione, in Parlamento, si registrò una notevole difficoltà per trovare un accordo: furono presentati oltre 400 emendamenti e ben 2 relazioni di minoranza che , di fatto, resero estenuante il dibattito in Senato. Fecero molto discutere i primi articoli di quel testo, nei quali era esplicito il riferimento alla tutela dei “diritti del soggetto embrione”. Dopo infinite discussioni, con 169 voti favorevoli, 90 contrari e 5 astenuti, la Legge venne definitivamente approvata in Senato il 10/02/2004. Quella Legge, conosciuta ai più come la Legge 40, benché fosse l’esito di anni di discussioni, fece subito discutere, tanto è vero che nel giugno 2005 venne convocato un appuntamento referendario volto ad abolirne le parti più restrittive; il referendum, come sappiamo, si risolse con un boicottaggio clamoroso da parte degli italiani, che ne fece l’appuntamento referendario più disertato della storia dell’Italia repubblicana. Ciononostante persistono ancora oggi, per mano più di sentenze dei tribunali che per dibattiti parlamentari, forti discussioni su un testo, quello della Legge 40, ritenuto da tanti molto lacunoso e contraddittorio, oltre che decisamente ingeneroso e restrittivo nei confronti della ricerca scientifica sulle staminali embrionali.

Potrebbe essere utile fare ricerca sulle staminali embrionali?

PERCHE’
Il fronte dei favorevoli alla ricerca e alla sperimentazione embrionale, nonostante le delusioni procurate al mondo dagli annunci del coreano Hwang prima e di dottor Lanza poi, non cessa di ricordare come, se la ricerca potesse continuare indisturbata il suo corso, si potrebbero aprire importanti spiragli di cura per malattie ad oggi pressoché incurabili quali sono, purtroppo, quelle che colpiscono le cellule nervose procurando morbi quali, tra gli altri, il Parkinson e l’Alzheimer.

PERCHE’ No
Coloro che, tra gli scienziati, invece reputano non conveniente che si continui la ricerca sulle staminali embrionali, fanno leva sulla difficile “governabilità” sperimentale di queste cellule che, pure dotate di un potenziale immenso, sfuggirebbero a qualsivoglia forma di vigilanza incrementando non poco, nei tessuti dove fossero applicate, il rischio della formazione di masse tumorali. Questi scienziati vedono nelle cellule embrionali riprogrammate, (chiamate IPS, induced Pluripotent Stem cells) scoperte da Yamanaka e J.Thomson il futuro della ricerca

mercoledì 17 dicembre 2008

Introduzione: Cartografare una controversia

Cercheremo, attraverso questo blog, di avvicinarci alla comprensione di
una questione complessa e d'attualità come quella delle cellule staminali
embrionali. Lo scopo è di imparare a cartografare le caratteristiche tipiche presenti in una controversia medico – scientifica. Analizzeremo tramite più fonti le
discussioni tra scienziati alle quali sono contemporaneamente legate
questioni morali, giuridiche, economiche e sociali.
Cartografare una controversia significa studiare e distinguere i diversi
attori e le loro posizioni, tralasciando i giudizi di merito, per mettere
in luce la dinamica dei dibattiti e l'importanza del soggetto.

Mass Media: quanto se ne è parlato?






Grazie ad un’analisi mirata nell’archivio dei quotidiani La repubblica e Corriere della sera, abbiamo potuto visualizzare graficamente il trend relativo alla pubblicazione di articoli pertinenti alle cellule staminali embrionali. Come ognuno di noi può notare velocemente negli anni 2005-2006 si registra un aumento di articoli pubblicati sul tema: cellule staminali embrionali. Il referendum del 12-13 giugno 2005 ha indirizzato infatti in maniera predominante le pubblicazioni.
Come tutti ben sappiamo, o dovremmo sapere, il il terzo quesito del referendum giugno 2005, si proponeva di espugnare ogni divieto alla sperimentazione sugli embrioni. Sarebbe consentita la crioconservazione degli embrioni e, soprattutto, la clonazione mediante trasferimento di nucleo. Lo scopo è quello di permettere ricerche con le cellule staminali embrionali attraverso la cosiddetta clonazione terapeutica. L'embrione verrebbe considerato di fatto semplice materiale biologico nelle mani degli scienziati e dei tecnici di laboratorio.
Ora se osserviamo le colonne relative agli anni 2007(serie8) e 2008(serie9) non possiamo non accorgerci di un calo nelle pubblicazioni relative alle cellule staminali embrionali. Questa dimunuzione a nostro avviso è da attribuirsi all'effetto di spostamento ingente dei capitali finanziari per la ricerca, che ha di riflesso inidrizzato i quotidiani verso tematiche differenti: le staminali adulte. La ricerca in Italia, a differenza di altri paesi europei sta cercando di concentrare i propri sforzi di analisi medico-scientifica sulla ricerca relativa alle cellule staminali adulte. legalmente consentita.

GIUSTO SPERIMENTARE SULLE STAMINALI EMBRIONALI? COSA DICONO GLI SCIENZIATI IN ITALIA.

Il dibattito italiano sulle cellule staminali embrionali vede il fronte scientifico spaccato; semplificando, da un lato vi sono autorevoli scienziati (Veronesi, Levi Montalcini, Dulbecco) che, sottolineando la grande possibilità terapeutica che tali cellule potrebbero avere, in definitiva reputano corretto l’impiego di embrioni umani anche a costo di comprometterne l’esistenza, dall’altro vi sono scienziati anch’essi autorevoli (Vescovi, Arrigoni, Redi) che, prima di imbattersi in discussioni di qualsivoglia natura sull’identità dell’embrione umano, tendono a sottolineare i mai superati limiti delle staminali embrionali sul terreno applicativo. Limiti che invece non hanno le cellule staminali adulte, già efficaci in svariate decine di protocolli terapeutici, buona parte dei quali portati avanti proprio in Italia.

LE “RAGIONI SCIENTIFICHE” ALLA BASE DEL DIBATTITO sulle STAMINALI EMBRIONALI

Tutto ha inizio quando, il 6 novembre del 1998, un gruppo di ricercatori dell’Università del Wisconsin, guidati da James Thomson, dopo anni di tentativi, riuscì a isolare cellule staminali da un embrione umano. (Cfr. J. A. THOMSON, J. ITZKOVITZ-ELDOR, S.S. SHAPIRO ET AL., Embryonic stem cells lines derived from human blastocysts, “Science”1998, 283, 1145-1147). Già nel marzo 1999 due studiosi, D. Solter e J. Gearhart, dopo esser riusciti a isolare cellule staminali germinali con proprietà simili alle embrionali dalle gonadi di feti abortiti di quattro settimana, parlano della produzione di cellule staminali embrionali a scopo terapeutico (Cfr. D. SOLTER, J. GEARHAR, Putting stem cells to work, in “Science” 1999, 283, 1468-1470). Nel novembre dello stesso anno, la prestigiosa rivista Science assegna a queste ricerche il titolo di “Scoperta dell’anno”. Da quel momento in avanti, si moltiplicano a dismisura le ricerche sulle staminali embrionali e sul loro possibile impiego a fini terapeutici; iniziano a circolare rapidamente voci su un loro possibile utilizzo per sconfiggere le malattie neurodegenerative. Per rendere l’idea della grandezza delle aspettative della comunità scientifica sulle staminali embrionali, basti ricordare come il database PUBMED, il catalogo on line di tutte le riviste biomediche, per il 1999 elencasse 446 articoli contenenti le parole “cellule staminali”nel titolo. Nel 2001, gli articoli in questione sono diventati 703, nel 2002 sono 1159 e nel 2004 arrivano ad essere 1483 (Cfr. G. MILANO, C. PARLMERINI, La rivoluzione delle cellule staminali, Feltrinelli, Milano 2005, p.16). Dopo l’entusiasmo iniziale, è lo stesso “scopritore delle cellule staminali embrionali” Thomson a ricondurre la discussione scientifica su un piano più cauto affermando che “molti ostacoli, tuttavia, rimangono ancora sulla via verso una sperimentazione clinica affidabile”(J.S. ODORICO, D.S. KAUFMAN, J.A. THOMSON, Multilineage differentiation from human embryonic stem cell lines, in “Stem cells” 2001, 19, 193-204). Queste parole di Thomson trovano fondamento nel fatto che gli studiosi si sono ben presto resi conto di come le cellule staminali embrionali, se da un lato garantiscono proprietà strabilianti sul piano della riproduzione di tessuti, dall’altro risultano scarsamente vigilabili nella loro azione, incontrollabile al punto da poter incrementare il rischio di formazioni tumorali (Cfr. D. HUMPHERIS, K.EGGAN, R. JAENISH ET AL., Epigenetic instability in ES cells and cloned myce, in “Science” 2001, 293, 95-97; L. ROCCANOVA, P. RAMPHAL, P. RAPPA III, Mutation in embrionic stemm cells, in “Science” 2001, 292, 483-439, and Response 439-440). A due anni dalla scoperta di Thomson, lo spirito degli studiosi di staminali, dopo queste considerazioni, era ben riassunto nelle parole di G. Vogel quando dice che “il lavoro è stato lento e frustrante; in realtà pochi ricercatori hanno pubblicato qualche risultato su di esse”(G. VOGEL, The hottest stem cells are also the toughest, in “Science” 2001, 292, 429). L’entusiasmo della comunità scientifica si riaccende quando, nel 2004, il veterinario sud-coreano Hwang Woo-Suk, ribattezzato dalla Fondazione Veronesi come “Il ruggito di Seul”, annuncia di essere finalmente riuscito a clonare l’essere umano (Cfr. W.S.HWANG, Y.J. RYU, J.H.PARK ET AL., Evidence of a pluripotent embryonic stem cell line derived from cloned blastocyst, in “Science” 2004, 303, 1669-1674). Dopo pochi mesi, però, sono gli stessi collaboratori di Hwang a sconfessare i risultati dei suoi esperimenti, gettando ombre sull’intera comunità scientifica e sulle riviste specialistiche che alle scoperte di Hwang plaudirono forse troppo incautamente. Il 2006 è l’anno di Robert Lanza, che il 23 agosto annuncia di aver estratto dei blastomeri da un embrione umano senza ucciderlo (Cfr. I.KLIMANSKAYA, Y.CHUNG, S.BECKER, S.J. LU, R. LANZA, Human embryonic stem cell lines derived from single blastomeres, in “Nature” 2006 Nov, 23, 444, 7118, 481-485) . Anche l’annuncio di Lanza, tuttavia, si rivelò privo di consistenza sperimentale; va comunque rilevato come, a differenza di Hwang, Lanza non abbia “perso la faccia”, tanto è vero che ha ugualmente ottenuto un consistente aumento dei fondi per le proprie ricerche. Un nuovo terremoto, a livello scientifico, si ha nel 2007 quando due differenti equipe, quella del giapponese Shinya Yamanaka e quella di James Thomson, le cui ricerce vengono pubblicate rispettivamente su Cell e Science, annunciano di esser riusciti a “ringiovanire” delle cellule staminali adulte fino al riportarle ad uno stato di totipotenza, simile in tutto per tutto a quello delle staminali embrionali (Cfr. La Repubblica, 20/11/2007). La portata della scoperta è tale che anche Ian Welmut, il “padre” della pecora Dolly dichiara di voler rinunciare alla clonazione per seguire questo nuovo metodo:“E’ più promettente e crea meno problemi”(Ibidem). Attualmente rimangono aperti entrambi i filoni di ricerca, sia quello sulle staminali embrionali embrionali sia quello sulle staminali adulte, anche se le scoperte di Yamanaka e Thomson sembrano aver dato un nuovo indirizzo generale ad una ricerca fino a poco tempo prima più interessata alle sole staminali embrionali.

Che posizione hanno sulle staminali embrionali le religioni?

Chiesa Cattolica
Ritenendo la vita umana un valore sacro e indisponibile a partire dal concepimento, la Chiesa Cattolica esprime netta e totale contrarietà a qualsiasi sperimentazione sugli embrioni.

Chiesa Protestante
Tutte le Chiese protestanti considerano l’embrione una persona umana potenziale e in evoluzione, ma esiste una difformità di pareri circa lo statuto dell’embrione davanti a situazioni critiche (aborto, fecondazione,sperimentazioni).

Islam
La Sharia, il compendio delle leggi canoniche dell’Islam, accorda all’embrione lo status di uomo a partire dal 120esimo giorno di gravidanza, quindi non ci sono posizioni teologiche musulmane contrarie alla sperimentazione sulle staminali embrionali.

Ebraismo
La ricerca sugli embrioni è considerata legittima a 3 condizioni: se l’embrione è in vitro, cioè extracorporeo alla donna; se ha meno di 40 giorni e se il fine è salvare altre vite umane.

Buddismo
Come si evince leggendo il Bardo Tardol, conosciuto come Il libro tibetano dei morti, i buddisti considerano l’embrione non solo un vivente, bensì una persona, rifiutando qualsiasi sperimentazione che possa attentarne la vita.

Eventi chiave nella ricerca staminali

Eventi chiave della ricerca staminali
1960 - Joseph Altman e Gopal Das presentano prove di neurogenesi adulta e di attività da parte di cellule staminali nel cervello: quanto affermano contraddice il dogma di Cajal che escludeva la possibilità di formazione di nuovi neuroni.
1963 - McCulloch e Till illustrano la presenza di cellule staminali autorinnovanti nel midollo osseo di topo.
1968 - Trapianto di midollo osseo tra due fratelli tratta con successo la SCID
1978 - Vengono scoperte cellule staminali ematopoietiche nel cordone ombelicale umano.
1981 - Vengono derivate cellule embrionali staminali di topo dalla massa cellulare interna.
1992 - cellule staminali neurali sono coltivate in vitro sotto forma di neurosfere
1995 - Bill Clinton firma una legge che rende illegali fondi federali per la ricerca su cellule staminali ottenute con la distruzione dell'embrione
1997 - Si dimostra che la leucemia origina da cellule staminali ematopoietiche: è la prima prova diretta dell'esistenza di un nesso tra cellule staminali e cancro.
1998 - James Thomson e i suoi collaboratori derivano la prima linea di cellule staminali embrionali presso l'Università del Wisconsin-Madison.
2000 - Vengono pubblicati numerosi studi sulla plasticità delle cellule staminali adulte.
2003 - Songtao Shi dell'NIH scopre una nuova fonte di cellule staminali adulte nei denti da latte dei bambini
2004-2005 - Hwang Woo-Suk asserisce di avere creato numerose linee di cellule staminali embrionali umane da ovociti umani non fertilizzati. Si scopre che non era vero.
19 luglio 2006 - George W. Bush firma il veto della legge che avrebbe permesso l'uso di fondi federali per la ricerca su cellule staminali ottenute dalla distruzione dell'embrione.
7 gennaio 2007 - Un pool di scienziati, comprendenti l'italiano Paolo De Coppi, annuncia di aver scoperto cellule staminali nel liquido amniotico
8 aprile 2008 i fibroblasti si trasformano in cellule staminali pluripotenti, in grado di curare nei topi di laboratorio il morbo di Parkinson. Il risultato, appena pubblicato sulla rivista scientifica Pnas (Proceedings of the national academy of sciences.

Schema controversia staminali


CELLULE STAMINALI: COSA SONO?

Per capire cosa siano le cellule staminali, possiamo iniziare col riflettere sull’aggettivo “staminale”, derivante da “stame” che significa “ceppo”, “stipite”, ”origine”. Ci basta questa elementare considerazione per capire l’importanza di una cellula staminale che, in estrema sintesi, può essere definita come “una cellula capace, nel suo processo continuo di replicazione, di dar luogo a una progenie di cellule via via sempre più differenziate e specializzate”
(D.NERI, La bioetica in laboratorio, Laterza, Roma-Bari 2001, p.28) .


Occorre poi distinguere tra:

· CELLULE STAMINALI TOTIPOTENTI: La totipotenza è la qualità che hanno le cellule staminali capaci di produrre tutto ciò che serve al successivo sviluppo di un organismo. Sono totipotenti le prime 8 cellule dell’uovo fecondato.

· CELLULE STAMINALI PLURIPOTENTI: Cellule derivanti dall’organismo a 4 giorni circa dalla fecondazione, godono anch’esse della proprietà della totipotenza, ma solamente in gruppo, non singolarmente come le staminali totipotenti.

· CELLULE STAMINALI MULTIPOTENTI: Cellule derivanti da un organismo a diversi giorni dalla fecondazione, possono originare molti tessuti, ma non tutti, per cui non sono totipotenti.

· CELLULE STAMINALI NEI TESSUTI ADULTI: Cellule derivanti dall’organismo maturo e aventi una capacità riproduttiva specifica, limitata ad alcuni specifici tessuti. A loro volta sono classificabili come in espansione, stabili, di rinnovo.